I Templari del Proletariato – In memoria di Darya [3]

06.09.2022

«Il vassallo pensa alla frontiera. Il Signore ai confini»  (Daria Dugina)

 

Nella sua “Introduzione all’edizione italiana” titolata “Un documento del passato o un programma per il futuro”, Aleksandr Dugin, prima di ogni altra cosa, contestualizza il periodo della stesura degli scritti che compongono il libro e svolge anche una sobria autocritica per l’utilizzo di alcuni termini, quali “nazionale” e “nazionalismo, e per alcuni concetti a cui allora, giovane, prestò contiguità.

Purtuttavia non c’è alcuna abiura per le posizioni allora assunte alle quali, oggi, stravolgendone senso e contenuto, i suoi detrattori si appellano classificandolo come “nazista di sinistra”, “bolscevico reazionario” e, ça va sans dire, “rossobruno”.

Riporto dunque alcuni stralci della sua introduzione appositamente scritta per AGA Edizioni nell’aprile 2021.

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Ripensando a quel periodo, [si riferisce ai primi anni ‘90 n.d.r.]  oggi molte cose mi sembrano eccessive, ingiustificate, abnormi e persino provocatorie. Devo dire di provare un certo disagio di fronte ad alcune generalizzazioni, tesi e termini. Soprattutto, l’utilizzo dei termini “nazionale” e “nazionalismo” mi pare inappropriato, dato che la critica sistematica di questo fenomeno borghese della modernità europea ha costituito una parte significativa dei miei successivi lavori scientifici e filosofici, da “Etnosociologia” a “La quarta teoria politica”.

Analogamente, oggi l’apologia entusiasta delle personalità bolsceviche e della teoria di classe del comunismo mi sembra una categorica forzatura. In altri termini, riguardo al nazional-bolscevismo, vedo una certa confusione in entrambe le componenti di quel concetto – “nazionale” e “bolscevismo”. A giustificare questa confusione sembra essere un paradosso intrinseco, insieme all’estremo rifiuto del liberalismo. Sono pronto ad accettare il nucleo positivo del “nazional-bolscevismo” come vettore di un antiliberalismo integrale, prerequisito per una futura e più compiuta sintesi tra anticapitalismo di destra (convenzionalmente detto “nazionale”) e anticapitalismo di sinistra (altrettanto convenzionalmente detto “bolscevico”). Oggigiorno, sarebbe decisamente più appropriato parlare di un populismo integrale, che unisca populismo di destra e populismo di sinistra. In questo senso, non solo I templari del proletariato mantiene del tutto la propria rilevanza, ma prefigura un futuro rivoluzionario, anticipando la sintesi (forse un po’ avventata e immediata) dell’inevitabile rivoluzione dei popoli del mondo contro la dittatura delle élite globaliste liberali.

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Ciò che è importante ne “I templari del proletariato” è la totale negazione del liberalismo, in quanto ideologia, politica, economia, cultura ed *epistème*. Al tempo stesso, l’intero libro è dominato dall’appello, rivolto a tutti coloro che gli stessi liberali, sulla scorta di Karl Popper, chiamano “nemici della società aperta”, a unirsi in un fronte unico, superando le tradizionali contraddizioni ideologiche, cristallizzate nell’“antifascismo” degli antiliberali di sinistra e nell’“anticomunismo” degli antiliberali di destra. È proprio grazie a questa netta contrapposizione, a questo confine insormontabile tra anticapitalisti di sinistra e di destra, che il sistema liberale prospera, si preserva e mantiene il proprio dominio sull’umanità. I liberali hanno stabilito che dev’esserci un abisso tra i loro avversari a destra e quelli a sinistra. In caso contrario, si verificherebbe un cortocircuito e l’alleanza tra le forze di destra e di sinistra spazzerebbe via il dominio delle élite liberali globali.

Il programma de “I templari del proletariato” è proprio un appello volto a rompere i tabù ideologici, ribaltare i divieti e creare un *fronte anti-liberale unito*, le cui ali ideologiche estreme (ovviamente, dal punto di vista del centrismo liberale) confluiscono in un’unica forza, ribelle all’egemonia liberale.

È importante ricordare che questo libro è stato scritto negli anni Novanta, quando il liberalismo radicale era l’ideologia dominante in Russia. Tutti i movimenti e le associazioni patriottiche – di destra e di sinistra – furono marginalizzati, relegati in lontane periferie. Né la sinistra né la destra russe potevano cambiare alcunché nelle politiche del regime di Él’cin, posto sotto il completo controllo dei liberali, degli oligarchi e degli agenti dell’influenza occidentale. Pertanto, il libro era un appello militante a unirsi in nome del salvataggio della Patria; era rivolto all’intera opposizione antiliberale, oltre i cliché ideologici che la dividevano. Sebbene questo progetto non sia stato attuato a livello politico, dall’inizio degli anni 2000 la nuova investitura del presidente Putin ha iniziato a percorrere una traiettoria simile: dall’affermazione della piena sovranità della Russia (rispetto all’Occidente) al confronto sempre più rilevante con il polo dell’egemonia liberale e le sue istituzioni.

Anche se non nelle forme che avevo immaginato negli anni Novanta, molti dei princìpi fondamentali de “I templari del proletariato” iniziarono gradualmente a trovare un’applicazione. Seguendo lo spirito paradossale della storia russa, i portatori di questi princìpi non furono i “nazional-bolscevichi”, che pian piano degenerarono – per via dell’opportunismo egoistico del loro leader narcisista – in una setta anarchica neo-liberista, dalla quale presi le distanze nel 1996. Tuttavia, va detto che hanno mantenuto alcuni motivi patriottici residuali, venuti alla luce nella nobile e sacrificale partecipazione alla battaglia per il mondo russo e nella partecipazione alla Primavera Russa. Ma il presidente Putin è un realista, un pragmatico e un reduce del campo della democrazia liberale.

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I “templari” evocati nel titolo erano quelli presenti nell’interpretazione di Guénon ed Evola, rappresentanti cioè l’ideale di una società sacra e tradizionale, gerarchica e orientata in senso trascendente, sotto l’ordine spirituale di una casta sacerdotale-guerriera. Mi sono ispirato alla visione del “Nuovo Medioevo” di Florenskij e Berdjaev, considerando l’Impero come unico sistema politico legittimo e sola forma scientifica di pensiero, teologia e scienza sacra. Ho categoricamente rifiutato tutto ciò che è legato alla modernità.

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Le mie tesi sul “proletariato” – ovviamente, modulate sul “Der Arbeiter” di Ernst Jünger e sulla teoria di Georges Sorel – non erano qualcosa di spontaneo, ma al contrario, d’inaspettato e paradossale. Era la metamorfosi di un antisovietico, un fondamentalista conservatore e tradizionalista che scopriva come di fronte al male maggiore, il globalismo liberale, si aprisse la possibilità di un paradossale ripensamento in chiave “sacra” del socialismo e dell’anticapitalismo di sinistra.

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Il minimo accenno della possibilità di creare un fronte antiliberale destra-sinistra bastò a terrorizzare la censura liberale. All’inizio degli anni Novanta, dopo una serie di visite da me organizzate della destra europea in Russia e i primi segnali d’interesse nel colmare la distanza tra anticapitalismo di destra e anticapitalismo di sinistra in Europa, scoppiò un enorme scandalo. I liberali condannarono aspramente i “rosso-bruni”, vale a dire quanti dall’estrema sinistra dialogavano con l’estrema destra e dall’estrema destra mostrano interesse per l’estrema sinistra. La caccia alle streghe fu particolarmente feroce in Francia. Fu uno dei primi esempi di quella *cancel culture* oggi diventata normale. In risposta alla sfida del “nazional-bolscevismo”, negli anni Novanta il liberalismo cominciò a mostrare la propria natura totalitaria e intollerante. Questo confermò la nostra analisi. Il liberalismo dimostrava di essere il male assoluto, l’incarnazione dell’essenza stessa della Modernità. E, sebbene socialismo e comunismo sembrassero volersi contendere il primato di forma più avanzata della modernità, la storia ci ha mostrato chi ha vinto.

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Per dirla in maniera ancora più diretta, da un punto di vista ideologico, in un mondo globalista e unipolare occorre anzitutto compiere una scelta: quale ideologia rappresenta il nemico principale? Se è il liberalismo, allora è logico unire tutto ciò che è antiliberale (illiberale) in un fronte unico – solo allora si potrà chiarire chi è “templare” e chi è “proletario”. Tuttavia, se iniziamo a chiarirlo prima della vittoria finale e irreversibile sul liberalismo, non ci sarà alcuna vittoria e il conflitto interno tra destra e sinistra fornirà alle élite liberali potere, controllo e stabilità.

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Dalla Nota dell’Editore

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In una qualche maniera, per quei movimenti nazional-rivoluzionari europei che già avevano fatto i conti con le ortodossie ideologiche di “destra” e “sinistra” la proposta “rossobruna” che in Russia prendeva la scena si andava a ricollegare alle elaborazioni nazional-bolsceviche messe a punto già a partire dagli anni Sessanta (si veda a tal proposito il movimento Giovane Europa di Thiriart) e poi ulteriormente rielaborate, per quel che riguarda l’Italia, dalla rivista «Orion».

La lettura che allora (anni Ottanta) se ne dava era comunque “incolta”. Nel senso che per tutti noi il comunismo sovietico, e specificatamente il bolscevismo, era una sorta di “fungo rivoluzionario” spuntato all’alba dopo la buia notte dei sommovimenti che in Russia, a fine Ottocento, avevano preso corpo, fino a manifestarsi in tutta la loro tragica ed epica potenza con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917.

Ci voleva la lettura delle pagine seguenti per avere conoscenza del fatto che in realtà il bolscevismo a cui si richiamavano, negli anni Novanta, Dugin e i vari Limonov era il manifestarsi e concretizzarsi in opzione politico-rivoluzionaria di un processo iniziato (quanto meno) nel XVII secolo a partire dallo Scisma. Nei capitoli che compongono questo libro apprendiamo di come nell’arco di tre secoli una corrente religiosa, spirituale, artistica e letteraria prende corpo esercitando influenze nella rivoluzione bolscevica, ovvero di come il bolscevismo incorpora, con tutte le sue degenerazioni, conflittualità e spaccature, il conflitto – a volte latente e altre molto manifesto – dei due “partiti” entrati in conflitto a partire dallo Scisma.

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Il libro è disponibile qui http://www.orionlibri.net/negozio/i-templari-del-proletariato-metafisica-del-nazionalbolscevismo/

Fonte