Abolfazl Emami: Al Nimr faceva paura a Riad perché voleva pacificare sciiti e sunniti
Perché lo sceicco Nimr al Nimr era una persona da mandare al patibolo secondo Riad? Perché l’Arabia saudita lo ha condannato alla pena di morte e giustiziato creando - impossibile dire inconsapevolmente - di creare un nuovo terremoto sullo scacchiere mediorientale e non solo? Lo chiediamo a Hujjatulislam (figura religiosa prima di quella di ayatollah) Abolfazl Emami, guida religiosa del centro islamico sciita di Roma, uno dei massimi studiosi iraniani e conoscitore delle dottrine di Al Nimr.
«Lo sceicco era clerico-sciita, nato nel 1959 presso al-Awamiyah nella provincia di al-Qatif, a Est dell’Arabia Saudita. Aveva conseguito un alto livello accademico in campo religioso ed era la guida spirituale degli sciiti nel Paese che costituiscono circa il 30% della popolazione. - ci dice Emami - Egli era inoltre una guida religiosa e attivo nel campo della promozione della giustizia, della libertà e della dignità del suo popolo, ma criticava in modo pacifico il comportamento razzista e settario del regime saudita nei confronti della minoranza».
Quello che emerge è che lo sceicco proprio per le sue campagne ha pagato sulla sua pelle trascorrendo molta parte della vita in prigione, anche per essere stato uno degli ispiratori della primavera saudita, una rivolta praticamente ignorata dallo stesso mondo arabo e repressa con violenza immediata. Un obiettivo di lunga data insomma per il regime di Riad, in particolare perché la sua missione era far capire alla sua gente, al mondo islamico e se possibile al Pianeta tutto, la verità sulla secolare rivalità tra sunniti e sciiti e sulla guerra settaria attualmente in atto. Il punto su cui insisteva al-Nimr era l’errore di interpretazione del conflitto.
«Molti, specie in occidente non si rendono conto che i wahabiti considerano i sunniti miscredenti, l’Isis e i takfiri - un modo per definire im musulmani infedeli - sono wahabiti, non sunniti. Questo punto deve essere corretto nelle menti degli analisti occidentali. Nello Yemen metà della popolazione è sunnita e si è unita alla rivolta degli sciiti, cioè non esiste nessuno scontro tra sunniti e sciiti». Secondo l’Hujjatuli «il miracolo dell’Islam è il Corano e la logica, mentre l’Arabia Saudita vuole fare miracoli con il terrorismo e giustiziando persone. Lo sceicco Nemr e prima di lui gli sciiti della Nigeria hanno subito la conseguenza della guerra al terrorismo takfiri dell’Arabia Saudita in Siria, in Iraq e nello Yemen».
La guida religiosa è stata mandata al patibolo per il suo sforzo di sanare la frattura tra sciiti e sunniti, perché era un elemento aggregatore e non distruttore, pacificatore non guerrafondaio, e denunciava con forza che la vera guerra è quella tra wahabiti (gli ultraconservatori estremisti sunniti vicini alla monarchia saudita) e il resto del mondo islamico, la stessa che sta dilaniando l’intera regione. «Sono d’accordo nel dire che dietro all’instabilità e al terrorismo della regione ci sia l’Arabia Saudita, tuttavia ritengo che la soluzione per stabilizzare la regione sia la resistenza nei confronti dei takfiri assassini, non il tavolo delle trattative», perché a quel tavolo i sauditi non si siederanno mai. Anche gli occidentali sono nel mirino dei terroristi, basta vedere le aggressioni avvenute in Europa».
La riflessione però va oltre, perché secondo Emami i sauditi non avrebbero mai il coraggio di compiere un atto simile da soli: «Sono un’arma nelle mani di alcuni Stati occidentali arroganti. Se non fosse così questa esecuzione sarebbe stata condannata con severità, mentre invece si procede con cautela per mantenere rapporti saldi con l’Arabia Saudita».