Si riapre la rotta adriatica. L'Italia rischia l'invasione

Sabato, 19 Marzo, 2016 - 15:00

Migliaia di siriani sarebbero pronti ad arrivare via Albania, agenti italiani inviati a Tirana per pattugliare i confini. Libia fuori controllo, è sempre emergenza sbarchi

«Oggi non ci sono evidenze, non c'è un flusso di persone in Albania che stanno per attraversare il confine, che si stanno dirigendo verso l'Italia».

Risalgono a due giorni fa le ultime dichiarazioni rassicuranti del ministro Angelino Alfano riguardo alla possibilità che si riapra la vecchia rotta Adriatica delle migrazioni verso l'Italia. Alfano concede che un certo margine di rischio ci possa essere ma ostenta tranquillità arrivando persino a dire che l'accordo con la Turchia avrebbe diminuito questo rischio, un'affermazione contraddetta però dagli osservatori più accreditati. Basti citare il titolo di un'analisi diffusa dall'autorevole Stratfor, società americana di intelligence: Sarà l'Italia la nuova Grecia?.

L'accordo con la Turchia, insieme alle barriere erette da Macedonia e Bulgaria, consente alla Germania e all'Europa centro-settentrionale in genere di drenare una via, quella balcanica, che ha consentito a 880.000 migranti di entrare in Europa dall'inizio del 2015. Al momento ai confini della Grecia in 40.000 sono rimaste bloccati da queste mosse che hanno visto un impegno pressante dell'Ue, fatto di continui vertici e concluso pagando tre miliardi alla Turchia per varare una nuova forma di respingimenti, parola che nei suddetti vertici viene ovviamente categoricamente censurata e sostituita da eufemismi, vista la censura che Bruxelles fece calare sull'Italia all'epoca dei respingimenti di Berlusconi e Maroni. Analogo fervore e impegno l'Ue non lo mostrò però nel 2014, quando il grosso del flusso di migranti riguardava l'Italia: all'epoca da Bruxelles arrivarono solo promesse.

Secondo l'analisi di Stratfor, la via dell'Albania verso l'Italia sarà una delle strade che i trafficanti di uomini sceglieranno come alternativa a quelle diventate impraticabili. In Italia sotto traccia l'allarme è alto: i contatti con l'Albania sono intensi già da sei mesi. Tirana non è mai stata tanto corteggiata dall'Italia e da Bruxelles. Alfano ha incontrato l'omologo ministro albanese a Roma il 4 marzo e la settimana prossima ricambierà la visita. Klajda Gjosha, secondo la stampa albanese, avrebbe citato «informazioni secondo cui un grande di numero di siriani attende di venire in Albania».

Renzi ha parlato di immigrazione col premier del Paese delle aquile, Edi Rama e il commissario Ue per le Migrazioni Dimitri Avramopoulos è andato a Tirana a promettere l'aiuto di Bruxelles. Il Viminale ha anche concordato con gli albanesi l'invio di un team di venti agenti per avviare la cooperazione nella difesa dei confini albanesi. Non solo: non è un caso che un hotspot, i centri per l'identificazione dei migranti che l'Ue ci ha imposto di aprire, sia stato collocato a Taranto. Al momento dispone di 360 posti ma per ora ha accolto solo stranieri sbarcati in Sicilia. Tirana a sua volta avrebbe pronti piani per due centri adibiti a ospitare 10mila rifugiati siriani nelle città di Korca e Gjirokastra, vicino al confine con la Grecia. Un po' troppi elementi per credere alle rassicurazioni. La verità è che ci sono testimonianze dalla Grecia di contrabbandieri già attivi per vendere passaggi verso l'Italia per 2.500 dollari a persona.

Nonostante tutto, l'Italia ha nell'Albania un partner affidabile, dunque non verranno da lì i grandi numeri. È invece sul fronte sud, dalla Libia fuori controllo, che è già in corso una forte ripresa degli sbarchi: provengono da Gambia, Senegal, Mali, Guinea, Costa d'Avorio, Marocco, Somalia, Sudan e Camerun. A noi toccherà tornare a raccogliere morti in mare, mentre Berlino selezionerà nei campi profughi turchi i famosi «ingegneri siriani» richiesti dalle sue aziende.