Una Cantata per Darya Dugina
RG: Angelo, come hai pensato di strutturare questa tua nuova creatura musicale?
Al: Si tratta di una cantata scenica in 9 stazioni. Ho voluto utilizzare il termine "stazione" per conferire alla cantata un carattere sacro, come fosse un percorso liturgico. Ogni stazione rappresenta un’icona, laddove la Musica né è veicolo di liberazione dell’anima dalle passioni, di distacco dal mondo materiale, e conduce l’uditore nei crocicchi del pensiero di Dasha.
La cantata si suddivide, appunto, in 9 brani: Prologo (Дого); II. Там, где нет иллюзий (Dove non ci sono illusioni); III. Взлетая выше (Vivere sul limite); IV. Призрак в неизвестность (Salto nell’ignoto); V. Быть светом (Essere luce); VI. Укро руками (Ti coprirò con le mie mani); VII. Во дворец удара (Al palazzo del Re); VIII. Дик вечности (Il volto dell’eternità); IX. Эпилог (Epilogo).
Per il Prologo (I. Пролог) e l’Epilogo (IX. Эпилог), che sono posti simmetricamente all’inizio e alla fine della cantata, a sgolare e custodire simbolicamente il pensiero filosofico di Darya, ho utilizzato parte del Canto Znamennyi dell’Eremo di Optina – canto per un’anima stanca (Знаменный распев Оптиной Пустыни – песнопения для уставшей души). L’Eremo di Optina è un monastero situato a Kozel'sk (Козельск), una località non lontana da Mosca, la musica sacra russa è nata con il Canto Znamennyi, un canto liturgico sorto durante il battesimo della Rus’, nel 988 d.C. Il suo nome è associato all’uso dei segni speciali di notazione che si chiamavano "znamia". Si tratta di un canto melodico di struggente bellezza.
RG: Che genere di organico hai previsto e se c’è un motivo specifico quale è?
Al: Ho voluto utilizzare un organico cameristico per rivestire d’un’atmosfera intima e, se vogliamo, confidenziale. Quattro strumenti: flauto, clarinetto, violoncello e pianoforte. Il flauto è la voce animæ di Darya, lo strumento che suona sin da bambina e che amava profondamente. Il violoncello, col suo caldo e suadente, rappresenta, nel mio immaginario, la figura paterna. Il clarinetto e il pianoforte, invece, personificano me stesso, evocano reminiscenze autobiografiche: il mio abbraccio trascendentale. Infine, le due voci, una femminile (mezzosoprano) e una maschile (tenore), danno vita a un dialogo spirituale tra figlia e padre.
RG: Perché hai accompagnato alla mia proposta di interviste con la prosa teatrale nella tua opera?
Al: Ho felicemente accolto la tua proposta. In effetti i pensieri filosofici tratti da La mia visione del mondo di Darya Dugina, mirabilmente adattati in versi poetici da Ines Pedretti e tradotti in russo da Elena Tsarenko, creano un blocco centrale molto denso ed intenso. La voce narrante s’incastona tra le note e dà alla cantata un incamanto ritmo teatrale di grande impatto. Quest’ultima personifica il pensiero di Darya: il suo Credo, le sue riflessioni, le sue confessioni, le sue inquietudini, il suo essere ragazza; la Musica: la sua Anima. I testi della voce recitante sono stati accuratamente scelti e redatti da Annamaria Rossano, che ha saputo cogliere appieno lo spirito della mia Musica.
RG: Potresti introdurre a parole la tua Musica e darmi alcune suggestioni su ciò che ascolteremo?
Al: Non è mai cosa semplice parlare di ciò che la Musica ci dice attraverso i suoni, se solo si pensa che un’unica nota ferma e sospesa nel tempo può riuscire a raccontarci più di innumerevoli parole; tuttavia provo a descriverci ciò che accade nei due brani che racchiudono la cantata: il Prologo e l’Epilogo. Si ode in lontananza una voce solitaria (mezzosoprano fuori scena), come fosse un lamento ultraterreno, a cui segue il flauto (suono della nostra filosofa e del dio Pan) all’unisono col clarinetto, per poi lasciarsi avviluppare dalle doloroose dissonanze del violoncello. I tre timbri s’intrecciano in un melismatico "inno ascetico", una sorta di corteo funebre che si erge trionfante e che accompagna l'entrata in scena delle tre voci. In un ritmo incisivo e ostinato, il Canto Znamennyi prende corpo e si lancia verso l'Alto con crescente devozione, impeto e passione. Il pianoforte appare impetuoso, bronzo e percussivo, a evocare il bagliore delle cupole e le tonanti campane di una maestosa Chiesa Ortodossa.
Il tema di Dasha si presenta imperioso e dominante: sono le 6 lettere estrapolate dal suo nome e cognome, che formano un anagramma musicale: DA(r)YA D(u)G(in)A = RE; LA, RE, SOL, LA. Questo tema serpeggia in tutta la cantata, assumendo varie tinte espressive, a sottolineare vari stati d’animo.
RG: Ti ho accennato alla visione Multipolare. In che forma la rappresenti all’interno della tua composizione?
Al: Nel possente accompagnamento pianistico di 4 parti ho voluto edificare una struttura armonica che prende spunto dal concetto di multipolarità, laddove un centro, nello specifico il RE (dalla lettera D di Dasha), si irradia in ogni direzione (verticale e trasversale) formando un cluster che si espande in una dimensione tridimensionale.
RG: Interessante! Mi hai incuriosito... E come termini il Prologo/Epilogo?
Al: Il finale è un abbraccio tra padre e figlia: due temi s’incontrano e s’intrecciano come in un intenso incrocio di sguardi. Il tema di Dasha e quello che mi piace definire "tema della benedizione" si fondono in una mistica carezza, e un tonante "mantra quinarío" squarcia le tenebre e, ipnotico, si dilegua poco a poco...
RG: Raccontami delle voci.
Al: Le due voci liriche (mezzosoprano e tenore) si avvinghiano in un viaggio animico, attraversando momenti intimi e introspettivi, lirici e luminosi.
La Musica sottolina, avviluppa il verso poetico di suggestioni sonore, ne anticipa il tono o ne rincorre il senso... Ad esempio nella V stazione, Быть светом (Essere luce), una serie di scale ascendenti e discendenti evocano i moti dell’Uomo alla ricerca della propria crescita spirituale; evoluzione che produce una vicinanza al Male tanto più si sale verso l’Alto, verso l’Assoluto. È a quel punto che è facile incontrare il Male, che è già sufficientemente presente nella trama che rivela la propria portata tanto più ci si avvicina al Bene puro. Ne sono un esempio i momenti di apparizione, si recano più volentieri a tormentare i monaci e i Santi che non i “piccoli delinquenti”.
Così come nella VI stazione, Укрою руками (Ti coprirò con le mie mani), in cui un andamento cullante di 5/4, una sorta di nenia a cinque tempi, evoca le dita della mano di una madre che accarezza il proprio figlio. La mamma di Dasha, da filosofa anch’ella, accarezza ora con le parole, con il Logos quindì, la figlia ormai elevata, descrivendone il carattere intellettuale, l’animo generoso, tenero e delicato, ma forte nella volontà e nello spirito. Citando le parole stesse di Darya, che amava definirsi “posizionata sulla frontiera intellettuale”, a trasformare primadì tutto se stessa in SE STESSA, e combattere il “nemico del genere umano” che conduce la lotta eterna contro la mente e la luce. Dasha accarezzata dalla mamma è “una stella in ascesa del pensiero russo” contro chi controlla il discorso, stabilisce il metalinguaggio e domina su tutto.
Tutto converge nell’VIII stazione, Дик вечности (Il volto dell’eternità), brano questo in cui tutti gli elementi confluiscono in un dolcissimo cantico e si elevano in una dimensione ultraterrena... Qui la Musica si fa rarefatta e sospesa; riecheggiano sublimi frammenti del Canto Znamennyi: è la morte di Dasha, come Ipazia brutalmente assassinata da esaltati, odiatore del pensiero libero. Ora è Luce, possiede fiamma che si irradia in tutta la sua eterna dolcezza “discesa nel mondo lungo il raggio del Logos e sullo stesso raggio salità cielò...”
La Chiamata dei filosofi non è solo una benedizione per loro stessi e per l’umanità, ma soprattutto un fardello da portare per sempre, che ha condotto nei secoli alla solitudine, alla pazzia e al martirio. Il filosofo nasce crocifisso. Sa che la sua vita sarà sempre una ricerca interiore e che non vi può essere pace. Lungo il raggio del Logos egli/ella sale ed entra nel palazzo del Re. La chiamate, il vero pensiero l’avverte in sé stesso come una luce improvvisa. Dasha ha avuto La chiamate e questo destino. Dasha era una “filosofa guardiana”. Consapevole dei limiti umani, chiedeva di non guardare la sua persona e il suo nobile cammino ma ciò che indica.
RG: Angelo, cosa hai provato nel comporre una Musica simile, e cosa ti ha spinto a farlo?
Al: Sono padre, e l’esserlo mi fa comprendere quanto sconfinato, inafferrabile, e intraducibile a parole umane, possa essere l’amore filiale, quanto profondo sia essere la connessione con il proprio figlio. Tentare di pronunciare parole degne per definire tale miracoloso prodigio è cosa assai ardua per me, perché consapevole di quanto tortuosa sia la strada che porta alla definizione di qualcosa di incredibilmente semplice e al contempo immensamente straordinario.
La triste vicenda che, il 20 agosto 2022, ha visto coinvolta la famiglia Dugin, con la tragica morte di Darya Dugina, ha toccato le corde più intime della mia sensibilità.
Essendo padre, posso immaginare e comprendere quanto straziante sia la perdita prematura d’un figlio, e quanto impossibile il crollo improvviso di tutto ciò che con amore si è per lui edificato, per il suo bene, per il suo futuro; vedere crescere e fiorire, emettere Luce, per poi vederlo spento per sempre...
Ecco, questi sono i sentimenti che hanno accompagnato la creazione di questa “Cantata per Darya”: sentimenti di profonda tristezza, di nostalgica dolcezza, ma anche di impotenza e sdegno verso crudeltà, menzogna e ipocrisia, atteggiamento, quest’ultimo, dilagante nel mondo contemporaneo. Tuttavia son convinto che Dasha e ora ovunque, incuneata nel pensiero critico di chi sente il richiamo del “risveglio”, in chi ricerca il Bene, la Verità e la Bellezza. Dasha è pensiero e s’irradia dalle note, nelle note, tra le note della mia Musica. Lo spero...
Ho dedicato questa mia creatura musicale alla memoria di Darya Dugina e ai suoi genitori, nell’auspicio che dia loro conforto, forza, dolcezza e speranza...