Il Brasile come una Nuova Roma
Quando pensiamo al Brasile e al suo potenziale politico e geopolitico, è facile concludere che si tratta di un Paese con grandi possibilità di diventare uno dei principali attori globali nell'ordine multipolare. Grazie al suo vasto territorio, alla sua popolazione numerosa e alle sue ingenti risorse, il Brasile può raggiungere posizioni di rilievo sulla scena mondiale e diventare una delle principali potenze globali.
Tuttavia, ci sono pensatori brasiliani che aspirano a qualcosa di più grande del semplice potere geopolitico. Nella tradizione patriottica brasiliana, è comune fare riferimento alla figura di una “Nuova Roma” o “Roma tropicale” per parlare del “Brasile che verrà”.
Il fondatore di questa mentalità è Darcy Ribeiro, importante antropologo brasiliano e specialista in culture indigene, che ha lavorato sia come accademico che come politico durante tutta la seconda metà del XX secolo.
Darcy si è distinto dagli altri pensatori politici brasiliani interpretando il potenziale del Brasile attraverso una prospettiva metapolitica. Per lui, il Brasile aveva il potenziale per diventare una sorta di “nuova civiltà”, un modello di organizzazione nazionale e continentale basato sui tropici, in grado di creare un nuovo modello di civiltà e ispirare altre regioni del pianeta.
Secondo Darcy, il Brasile doveva essere visto come il più grande erede della latinità e come il risultato diretto dello sviluppo dei popoli latini. Ribeiro considerava la penisola iberica la regione più prospera tra i domini imperiali della Prima Roma, poiché fu dal Portogallo e dalla Spagna che, secoli dopo il crollo dell'Impero Romano, partirono le spedizioni navali che scoprirono il Nuovo Mondo. E, in questo senso, Ribeiro indicava il Brasile come il più grande “figlio” di questa espansione latina, avendo come destino storico l'unione con gli altri popoli ibero-americani per la formazione della “Nuova Roma”, la civiltà tropicale che dovrebbe diventare un attore importante nello scenario geopolitico contemporaneo.
Darcy ha affermato quanto segue nel suo libro “The Brazilian People: The Formation and Meaning of Brazil” (“Il popolo brasiliano: la formazione e il significato del Brasile”):
Il nostro destino è quello di unirci a tutti i latinoamericani attraverso la nostra comune opposizione allo stesso antagonista, ovvero l'America anglosassone, per fondare, come avviene nella comunità europea, la nazione latinoamericana sognata da Bolívar. Oggi siamo 500 milioni, domani saremo un miliardo. Vale a dire, un contingente umano di grandezza sufficiente per incarnare la latinità di fronte ai blocchi cinese, slavo, arabo e neo-britannico nell'umanità futura. Siamo giovani che lottano ancora per diventare una nuova razza umana che non è mai esistita prima. Un compito molto più difficile e doloroso, ma anche molto più bello e stimolante. In effetti, ciò che siamo è la Nuova Roma. Una Roma tardiva e tropicale. Il Brasile è già la più grande delle nazioni neo-latine, grazie alla sua popolazione, e sta cominciando a esserlo anche per la sua creatività artistica e culturale. Ora deve affermarsi nel campo della tecnologia affinché la civiltà futura diventi una potenza economica con un progresso autosufficiente.
Essendo un profondo critico della struttura sociale brasiliana e un attivista politico radicale, Darcy vedeva le élite economiche del suo paese come il principale ostacolo al raggiungimento del potenziale del Brasile e alla tutela dei suoi interessi. Secondo lui – opinione condivisa ancora oggi da tutti i patrioti e dissidenti brasiliani – le élite che controllano il paese sono agenti antinazionali che proteggono gli interessi stranieri e cercano di impedire al Brasile di diventare una Nuova Roma.
Tuttavia, per Darcy, il popolo brasiliano deve essere visto come una nazione forte che “si costruisce” nonostante i desideri delle élite. Egli vedeva il mestizaje brasiliano (la mescolanza razziale del Brasile) come un processo di costruzione della nazione attraverso il quale i brasiliani sono in grado di esprimere la loro grandezza e mostrare al mondo un modello di interazione tra i popoli.
La vocazione imperiale del Brasile si esprime nella sua pluriversità meticcia. Formato dall'interazione fisica e spirituale di europei, africani e indigeni americani, il Brasile ospita un gran numero di etnie, religioni e tradizioni che, invece di indebolire l'unità brasiliana, la rafforzano in un'interazione basata sul rispetto reciproco e sulla mescolanza. Per Darcy e i suoi seguaci, questo non solo dimostra la romanità brasiliana, ma mostra al mondo un modello di organizzazione civile: il modello tropicale e meticcio.
Nel corso degli anni, questi pensieri si sono consolidati come un vero e proprio orizzonte metapolitico perseguito dai patrioti brasiliani. Infatti, per qualsiasi brasiliano che ami veramente il proprio Paese, pensare al futuro del Brasile come a una semplice “potenza mondiale” suona offensivamente superficiale e al di sotto del reale potenziale del Brasile. L'ideale di una Nuova Roma è qualcosa da perseguire costantemente, anche se raggiungere questo obiettivo sembra difficile, lontano o quasi impossibile. La lotta eterna del popolo brasiliano deve essere quella di completare la costruzione della civiltà latina tropicale.
È inoltre necessario sottolineare come questa lotta si combini con altri ideali politici rilevanti in Sud America. Come spiegato dallo stesso Darcy, la costruzione della Nuova Roma deve essere realizzata in collaborazione con il progetto Patria Grande di Simon Bolivar [1], che attualmente costituisce la linea guida principale del governo rivoluzionario venezuelano per le relazioni con i paesi sudamericani. In pratica, ciò rende effettivamente realizzabile la lotta politica concreta per la costruzione della Roma tropicale.
Ma c'è di più: è degno di nota il fatto che Ribeiro abbia anche previsto la creazione di un mondo multipolare, addirittura decenni prima degli attuali eventi globali. Per lui, la formazione della Roma Tropicale sarebbe stata un modo per creare una rappresentanza dei popoli neo-latini in un ordine internazionale in cui anche anglosassoni, slavi, cinesi, arabi e altri popoli avrebbero avuto i loro rispettivi spazi. In altre parole, Darcy vedeva il futuro dell'ordine mondiale come una coesistenza di imperi e cercava un ruolo per il Brasile in questo mondo a venire.
In una reinterpretazione tradizionalista, alcuni pensatori brasiliani hanno recentemente analizzato le “profezie” di Darcy Ribeiro attraverso concetti chiave di studiosi non brasiliani, come il filosofo russo Alexander Dugin. Va anche notato che per lo stesso Dugin il Brasile è sempre stato un argomento di particolare interesse. Essendo un ammiratore della cultura brasiliana e un parlante della lingua portoghese, Dugin ha dedicato parte del suo progetto filosofico in più volumi Noomakhia allo studio del logos brasiliano.
Secondo l'autore russo, il Brasile è formato dall'interazione di tre logoi: il logos imperiale europeo, il logos dionisiaco africano e il logos ctonio indigeno americano. Nel corso della storia, nessuna di queste tre forze si è dimostrata abbastanza forte da rappresentare il Logos brasiliano meglio delle altre, motivo per cui è possibile affermare che il Brasile ha un “logos aperto”, ancora da costruire completamente.
Ciò è perfettamente in linea con la concezione di Darcy del popolo brasiliano come “costruttore di sé stesso”, come opera incompiuta o come “Roma futura”. Essendo un Paese relativamente giovane e ancora in fase di realizzazione dei propri obiettivi reali, il Brasile non è ancora pienamente consapevole del proprio potenziale imperiale e della propria missione di erede di Roma. Ed è proprio il risveglio di questa consapevolezza la sfida più grande per i tradizionalisti brasiliani contemporanei.
[1] Nota dell'editore: La Patria Grande (“Grande Patria”) di Simón Bolívar era una visione di una federazione politica unita che comprendeva le repubbliche ispano-americane appena indipendenti, che si estendeva dal Messico alla punta meridionale del Sud America. Bolívar considerava questa unione sovranazionale essenziale per salvaguardare l'indipendenza dalle potenze straniere e promuovere la forza continentale.
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Traduzione di Costantino Ceoldo


